Primo piano per le F399, che consentirono alla Ferrari di riconquistare
nel 1999 il titolo mondiale per costruttori.
Sullo sfondo, da sinistra, Michael Schumacher, Eddie Irvine e Mika Salo che sostituì
«Schumi» bloccato da un incidente nel G.P. di Gran Bretagn
L’interminabile rincorsa della Ferrari a un successo che sembrava dovesse sfuggirle diaboli-camente per chissà quanto tempo, fu segnata da tre eventi rivelatisi poi decisivi: la nomina a presidente di Luca di Montezemolo (1991) nonché gli ingaggi del direttore sportivo Jean Todt (1993) e del pilota Michael Schumacher (1996). Proprio nel 1996 si colsero i primi segnali di una ritrovata competitività, dopodiché i massimi traguardi furono mancati per poco nel 1997 e nel 1998. A questo punto, molti erano convinti che l’impresa potesse riuscire nel 1999. La monoposto schierata in pista, la F399, dotata dei nuovi pneumatici Bridgestone in seguito all’addio alle corse della Goodyear, presentava molte innovazioni, che andavano dal passo più lungo alla più razionale distribuzione dei pesi, dalle migliorie all’aerodinamica alla facilità di intervento nelle regolazioni e via dicendo. La potenza massima era di 760-780 CV a 17.500 -18.000 giri al minuto.Eddie Irvine aprì la stagione nel segno della vittoria, imponendosi nel G.P. d’Australia, indi Schumacher vinse a Imola e a Montecarlo andando in testa alla classifica iridata, ma poi Mika Häkkinen lo superò, svettando in Spagna e in Canada. Malauguratamente la situazione precipitò in Gran Bretagna, a Silverstone: alla curva Stowe, poco dopo il via, «Schumi» per un guasto ai freni uscì di pista a velo-cità molto elevata, andando a sbattere contro una barriera di pneumatici: tibia e perone della gamba destra fratturati e impossibilità di partecipare ai successivi sette Gran Premi. La Ferrari ingaggiò così il finlandese Mika Salo, promuovendo Irvine a numero uno. L’irlandese vinse tre corse (G.P. d’Austria, di Germania e Malesia), le ultime due – è giusto dirlo – con il determinante aiuto di Salo nonché di Schumacher, finalmente rientrato in squadra.
Si arrivò così all’ultimo appuntamento dell’anno, il G.P. del Giappone. Irvine era al comando della classifica con quattro punti di margine su Häkkinen, ma il pilota della McLaren partì perfettamente e non fu più raggiunto, vincendo in tal modo, oltre alla corsa, il suo secondo titolo consecutivo. Stavolta però la Ferrari, sommando i punti conquistati da Irvine (secondo nella classifica individuale), Schumacher (quinto) e Salo (decimo), riuscì a prevalere nella classifica per costruttori. La F399 si rivelò complessivamente meno veloce della McLaren-Mercedes ma molto affidabile. Lo provano i ritiri fatti registrare nel corso della stagione: Irvine fu appiedato da un guasto una sola volta su sedici gare, Salo una su sei, Schumacher una su nove.
Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.
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