giovedì 22 marzo 2012

1983 – Primato e «digiuno»

Zandvoort, 28 agosto 1983, G.P. d’Olanda.
René Arnoux avviato alla vittoria davanti a Patrick Tambay, alla guida della 126 C3.
Sullo sfondo, i ritratti dei due piloti della Ferrari, facilmente riconoscibili dai caschi.


La Ferrari mantenne la propria competitività a un livello elevato anche nel corso della stagione 1983, tanto è vero che per il secondo anno consecutivo riuscì ad aggiudicarsi il titolo per i costrut-tori di Formula 1, ma si vide sfuggire di nuovo quello per i piloti, sia pure per poco. La FISA (Fede-razione Internazionale Sport Automobilistico) aveva frattanto modificato il regolamento tecnico, imponendo l’adozione del fondo vettura piatto allo scopo di eliminare l’esasperato effetto suolo e, soprattutto, la sua conseguenza più pericolosa, ossia l’accelerazione trasversale, che ormai ave-va raggiunto limiti preoccupanti. Anche il peso minimo delle monoposto era stato abbassato da 580 a 540 chilogrammi.
In casa Ferrari, le modifiche necessarie furono apportate sulla 126 C2 dell’anno precedente, dando vita a una versione intermedia, la 126 C2B, che gareggiò nella prima parte del campionato conquistando due vittorie, nel G.P. di San Marino con Tambay e nel G.P. del Canada con René Arnoux, che era stato ingaggiato per sostituire l’infortunato Pironi. Poi, a partire dal G.P. di Gran Bretagna, entrò in gara la 126 C3, dotata di un nuovo telaio monoscocca in composito, fibra di car-bonio e kevlar, e di un motore che raggiungeva una potenza maggiore rispetto a quello della 126 C2, ossia 600 CV contro 580, e a 10.500 giri anziché a 11.000. Arnoux si impose nei G.P. di Ger-mania e d’Olanda e sia lui sia il suo compagno di squadra Tambay rimasero in corsa per il titolo mondiale fino all’ultima gara, il G.P. del Sudafrica. Ma alla fine a prevalere fu Nelson Piquet con la Brabham-BMW, mentre la Ferrari, come si è detto, riuscì comunque a primeggiare fra i costruttori. Dopodiché, a Maranello ebbe inizio un «digiuno» che a molti appassionati sembrò intermina-bile: quindici lunghissimi anni trascorsero prima che un nuovo titolo mondiale incoronasse un pi-lota o una macchina del Cavallino rampante. In quel periodo accadde di tutto: furono cambiati una dozzina di corridori, si avvicendarono cinque direttori sportivi, una quantità di tecnici, quattro presidenti. Enzo Ferrari morì nel 1988 senza riuscire a vedere risollevate le sorti sportive della Casa. Fra il 1984 e il 1998, Alboreto, Berger, Mansell, Prost, Alesi e Schumacher vinsero pur sempre 32 Gran Premi, ma a lot-tare concretamente per il titolo iridato, ossia con reali possibilità di conquistarlo, furono soltanto Prost nel 1990 e Schumacher nel 1997 e nel 1998. Perché il massimo campionato automobilistico vedesse l’inizio di un nuovo «ciclo Ferrari» si dovette attendere ancora.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

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