giovedì 22 marzo 2012

2008 - Ferrari ennesimo titolo Costruttori

Primo piano per Stefano Domenicali e le due F2008 che hanno consentito 
alla Ferrari di riconquistare nel 2008 il titolo mondiale per costruttori. 
Sulle vetture, Felipe Massa e Kimi Raikkonen.






  Il 2008 per il pilota brasiliano non inizia benissimo con due ritiri nelle prime 2 gare: in Australia causa rottura del motore e in Malesia per un testacoda. Ma in Bahrain Massa conquista il secondo posto in griglia alle spalle di Kubica, centra la prima vittoria stagionale. Nella gara successiva in Spagna arriva secondo alle spalle del compagno di scuderia e campione del mondo in carica Kimi Raikkonen. Due settimane dopo, in Turchia, realizza nuovamente la Pole Position e ottiene la seconda vittoria del 2008. Al Gran Premio di Monaco conquista la sua terza pole position dell'anno, ma alla fine, per un errore alla curva di Santa Devota arriva 3º. Al Gran Premio del Canada, gara condizionata da numerosi ritiri, il brasiliano ottiene la quinta posizione, e raggiungendo la seconda posizione nella classifica mondiale piloti.Nel Gran Premio di Francia, Massa parte secondo dietro Raikkonen e centra il terzo successo stagionale, e la vetta della classifica.Al successivo appuntamento sul Circuito di Silverstone, si vede un gran premio tutt'altro che noioso. Pioggia e schiarite si alternano creando uno scenario incredibile. Il brasiliano non arriva in zona punti.Nel successivo Gran Premio di Germania, Massa arriva terzo, e perde la leadership del Mondiale. Trionfo del tutto inaspettato in Belgio sul Circuito di Spa-Francorchamps. Tagliano il traguardo, nell'ordine, Lewis Hamilton, il brasiliano e Nick Heidfeld. A premiazione eseguita, la FIA si riunisce per valutare la condotta di gara del britannico, la sentenza toglierà la vittoria ad Hamilton. Questo significa che Felipe Massa può festeggiare la sua prima vittoria sul circuito delle Ardenne. Al Gran Premio d'Italia sul bagnato Massa terminarà la gara solo in sesta posizione. Nel nuovo tracciato cittadino di Singapore, Massa ottiene un'importantissima pole distanziando in griglia Hamilton più di 6/10.  La vittoria arride invece a Fernando Alonso. Ora il paulista insegue con 77 Punti contro gli 84 di Hamilton McLaren a tre gare dal termine del campionato. Nel Gran premio del Giappone le qualifiche si rivelano amare per Massa, solo settimo. Al Gran Premio del Brasile con 7 punti di ritardo da Hamilton: il brasiliano può vincere ancora il titolo, con Hamilton sesto o peggio, oppure arrivando secondo con l'inglese ottavo o peggio (Massa ha dei migliori piazzamenti, quindi è avvantaggiato in caso di parità). Dopo aver dominato un gran premio rocambolesco la conquista dell'iride sembra fatta. Hamilton, sesto, appena superato da Vettel, sorpassa però a quattro curve dal termine della corsa il tedesco Glock, il quale è nelle prime posizioni non avendo effettuato il pit-stop cambio gomme nonostante fosse prevista pioggia per le ultime tornate. Il pilota Toyota infatti ha sì risparmiato il tempo necessario per il pit, ma si trova con gomme da asciutto in situazione di pista bagnata.Per Hamilton, dotato a sua volta di gomme da bagnato, è fin troppo facile quindi sopravanzare Glock, fortemente rallentato dalle condizioni climatiche, e piazzarsi quinto nelle ultime curve di un gran premio che passerà alla storia come uno dei più beffardi di sempre. Hamilton supera infatti Massa nella classifica mondiale di un solo punto e si laurea campione (il più giovane della storia della Formula 1 a 23 anni, 9 mesi e 26 giorni).
Alla Ferrari andrà comunque il titolo di Campione del Mondo Costruttori 2008

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera (sintesi).


2007 - Kimi Raikkonen, un debutto vincente

 Quello di Kimi è  splendido debutto vittorioso, alla guida della rossa di Maranello, 
prima vittoria a Melbourn e a fine stagione Campione del Mondo. Nell’immagine, il podio del Brasile, in primo piano la F2007 e la felicità di Luca Cordero di Montezemolo e Jean Todt.


  Il debutto al volante della Ferrari F2007, la nuova macchina della Scuderia Ferrari che ha utilizzato nel corso del mondiale di Formula 1 del 2007, avvenne il 30 gennaio 2007 a Valencia. Iniziò la stagione vincendo il Gran Premio d'Australia dove ottenne pole position e giro più veloce (solo Fangio e Mansell erano riusciti a fare altrettanto al debutto con una Ferrari). Le due gare successive gli fanno conquistare due terzi posti, il primo in Malesia, dove il motore era stato limitato nei giri a causa di una piccola perdita d'acqua sul finire del Gp d'Australia, ed uno in Bahrein.
  Le successive gare furono più travagliate con un ritiro in Spagna a causa di un problema elettronico, un ottavo posto a Monaco, dove era partito 15º a causa di un errore in qualifica], un quinto in Canada e un quarto negli Stati Uniti. Il finlandese centrò due vittorie consecutive nel Gran Premio di Francia, superando al via l'inglese Lewis Hamilton della McLaren e al 46º giro il compagno Felipe Massa grazie alla tattica dei pit-stop, e in Gran Bretagna, ma a questi risultati seguirono un ritiro e tre secondi posti. A Monza, inoltre, Räikkönen ebbe anche un incidente abbastanza grave nelle libere[19]. In Belgio, dopo aver ottenuto la pole position, il finlandese tornò sul gradino più alto del podio, portando insieme a Felipe Massa alla Ferrari il quindicesimo titolo costruttori.
  A Fuji, in una gara sotto la pioggia, Räikkönen si ritrovò nelle ultime posizioni a causa di un'errata scelta delle gomme ma rimontò fino al terzo posto. Con 17 punti da recuperare ad Hamilton su 20 disponibili, il mondiale sembrava ormai chiuso, ma grazie alle vittorie in Cina e in Brasile e il conseguente ritiro di Hamilton in Cina ed il settimo posto in Brasile, il finlandese riuscì a conquistare il suo primo titolo mondiale.

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2004 - Ancora Michael Schumacher

Michael Schumacher il “Maestro” dirige l’orchestra dei box che si esibisce in un concerto indimenticabile, la quinta vittoria consecutiva di “Schumi” in Ferrari che lascierà 
un ricordo indelebile negli appassionati degli sport motoristici.


  Michael Schumacher (Hermülheim, 3 gennaio 1969) è un pilota automobilistico tedesco, considerato il più grande campione della Formula 1 di tutti i tempi. Ha conquistato 7 titoli mondiali: i primi due con la Benetton (1994-1995) e successivamente cinque consecutivi con la Ferrari (2000-2001-2002-2003-2004). Schumacher detiene la gran parte dei record della F1, avendo conseguito, oltre ai titoli iridati, anche il maggior numero di Gran Premi vinti, di pole position, di giri veloci in gara, di hat trick (pole, vittoria e giro più veloce nella stessa gara) e di punti in carriera. Schumacher è stato anche il primo tedesco a divenire campione del mondo di Formula 1 ed è stato l'icona più popolare nella Formula 1, fino al 2006, secondo un sondaggio effettuato dalla FIA.   
  Nel 2003 diviene il più titolato pilota di F1 (con la vittoria del sesto titolo mondiale, superando il record di Juan Manuel Fangio) e nel 2004 marca un ulteriore record vincendo il suo quinto titolo iridato consecutivo (il precedente record, che spettava sempre a Fangio era di quattro titoli mondiali consecutivi).

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera (sintesi).

2003 – Sempre più in alto

Sintesi della stagione Ferrari 2003 con immagini appartenenti a contesti
diversi, unite in una specie di montaggio simbolico: Michael Schumacher annaffia
a champagne la pista di Indianapolis, mentre Rubens Barrichello, sul podio
di Suzuka, esulta accanto a Jean Todt.
 
    Enzo Ferrari amava ripetere, di tanto in tanto, che – nello sport non meno che nella vita – è arduo arrivare al vertice ma è ancor più arduo rimanervi. Questa «massima», semplice ma difficilmente smentibile, riceve continue conferme. La Ferrari è la squadra che ha corso e vinto più di ogni altra e dunque, di ogni sua nuova affermazione, si può dire che sia ottenuta non solo contro le antagoniste ma anche nei confronti... del proprio albo d’oro, di una ricchezza senza uguali. Il 2002 si era chiuso con un trionfo schiacciante e il 2003 vedeva i piloti e le macchine di Maranello prendere il via con i favori di un pronostico perfino ovvio. Per Schumacher e Barrichello, tuttavia, il cammino si rivelava molto meno agevole del previsto, per una serie di ragioni. Anzitutto la F2003-GA (iniziali di Giovanni Agnelli, scomparso il 24 gennaio 2003) si rivelava meno competitiva di quanto ci si attendesse, di fronte a una concorrenza – Williams e McLaren – che aveva compiuto netti progressi rispetto alla stagione precedente. Progressi in fatto di telaio, di motore e anche di pneumatici: le prestazioni dei Michelin, infatti, su certe piste e in certe situazioni meteo, risultavano superiori a quelle dei Bridgestone. A ciò si aggiunga qualche disavventura – peraltro normale nelle corse – nonché qualche calo di rendimento di Michael Schumacher, anche lui, come e più della Ferrari, «costretto» a battere record in continuazione. Infine si tenga conto del nuovo criterio di assegnazione del punteggio (10 punti al primo, 8 al secondo, 6 al terzo, 5 al quarto, 4 al quinto, 3 al sesto, 2 al settimo, 1 all’ottavo classificato) a favore della razionalità del quale non depone certo il fatto che «Schumi», con all’attivo mezza dozzina di vittorie, abbia dovuto tremare fino all’ultimo per poter conservare un vantaggio esiguo su Kimi Räikkönen, senz’altro bravissimo ma una sola volta primo al traguardo. Ad ogni modo, il successo finale, proprio perché più «sudato», è stato ancora più appagante. Schumacher ha battuto il primato di Fangio (6 titoli iridati contro 5) e la Ferrari, dal canto suo, è arrivata a quota 26 (13 per Piloti e altrettanti per Costruttori, gli ultimi 5 dei quali consecutivi). E sorvoliamo su tutti gli altri – che sono numerosissimi – ad eccezione di uno: quando una squadra ottiene in un Gran Premio la pole position, la vittoria e il giro più veloce, gli anglosassoni dicono che quello, per la squadra, è stato a perfect weekend, un fine settimana perfetto. Bene, dal 1950, di questi fine settimana la Ferrari ne ha goduti la bellezza di 33, la Williams 19, Lotus e McLaren 17. A tutti gli altri, le briciole.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

2002 – Una pioggia di primati

Le magnifiche F2002 di Michael Schumacher e di Rubens Barrichello
dominatrici assolute del Mondiale F1. Sullo sfondo, una scenadivenuta ormai abituale: il direttore sportivo Jean Todt fra i due campioni della Ferrari, sul podio inondato di champagne.

       Forse neppure il più appassionato fra i "tifosi" ferraristi aveva sognato che i piloti e le macchine del Cavallino rampante potessero dar prova di una superiorità così schiacciante quale quella esercitata da un capo all’altro della stagione 2002 nei confronti di ogni antagonista, coronando la conquista di due ennesimi titoli mondiali con una autentica pioggia di primati. Michael Schumacher è andato incontro al quinto trionfo iridato – eguagliando il leggendario record di Juan Manuel Fangio – a un ritmo stupefacente: il 21 luglio, quando si impone nel GP di Francia e acquista la certezza aritmetica della vittoria finale, alla conclusione del campionato mancano ancora 6 Gran Premi, e anche questo è un record (quello precedente apparteneva a Nigel Mansell, Campione del Mondo nel 1992 con 5 gare d’anticipo). "Schumi" disputa i 17 Gran Premi vincendone 11 (Mansell nel 1992 era arrivato a quota 9) e classificandosi 5 volte secondo e una volta terzo: dunque, sempre sul podio. Diviene inoltre il primo pilota della storia del Mondiale ad avere percorso tutti i giri (1090) dei Gran Premi stagionali (Dan Gurney, nel 1961, ne aveva assommati 486 su 490).
Il vicecampione del mondo è il suo compagno di squadra Rubens Barrichello, con 4 vittorie, 5 secondi, un terzo e un quarto posto, a 67 punti di distacco (nel 2001 «Schumi» stesso aveva preceduto Coulthard di 58 lunghezze). La Ferrari raggiunge la quota di 24 titoli mondiali F1, 12 per Piloti (precedendo la McLaren con 11) e altrettanti – di cui 4 consecutivi – per Costruttori (davanti alla Williams con 9). Non battuto ma uguagliato è il primato di vittorie in una stagione (15, come la McLaren nel 1988) e lo stesso dicasi per i giri più veloci (12, come la McLaren nel 2000). Sono stati rafforzati, inoltre, i record dei GP disputati (669), delle vittorie (159), dei secondi posti (189), dei terzi posti (160), dei podi (508), dei giri più veloci (161), delle pole position (158), dei punti 3829,8. Superato il limite di punti conquistati in un campionato, 221, contro i 199 della McLaren nel 1988. Schumacher e Barrichello hanno messo a segno 9 doppiette, portando il loro totale a 15 (contro le 14 di Senna e Prost fra 1988 e il 1989). "Schumi", inoltre, ha portato a 867 il totale dei punti accumulati in carriera, a 64 le vittorie e a 51 i giri più veloci. Infine ha ottenuto per la dodicesima volta da quando gareggia in F1 quel risultato che gli inglesi chiamano hat trick, e che consiste nell’ottenere la pole position in prova, la vittoria nonché il giro più veloce in corsa (il precedente primato di 11 era detenuto da Jim CLark).

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

2001 – A testa alta verso il futuro

Budapest-Hungaroring, 19 agosto 2001, G.P. d’Ungheria.  Michael Schumacher e la F2001 
verso la vittoria e il quarto titolo iridato.   Nei ritratti, «Schumi» e il suo compagno Rubens Barrichello, artefice con lui del successo della Ferrari nel Mondiale Costruttori.

 L’inizio è di quelli che mettono i brividi: nel corso delle prove del G.P. d’Australia, Michael Schumacher compie un brutto volo, ma poi in gara si impone con il piglio del dominatore e lo stesso fa due settimane dopo nel G.P. della Malesia, guidando da fuoriclasse sul bagnato, con Rubens Barrichello al posto d’onore. Le Ferrari sembrano proseguire sullo slancio dei successi del 2000, mentre le McLaren, a quanto pqre, non hanno più lo smalto delle stagioni precedenti e in particolar modo Mika Häkkinen attraversa un periodo critico. L’avversario numero uno di «Schumi» nella battaglia per il titolo diviene perciò David Coulthard, il quale riduce il distacco iniziale vincendo il G.P. del Brasile dopodiché, con il secondo posto conquistato nel G.P. di San Marino, agguanta il portacolori della Ferrari in testa alla classifica. È questo, con ogni probabilità, il momento in cui il pilota scozzese pensa con maggior convinzione alle sue possibilità di affermazione finale. Ma Schumacher prosegue implacabile la sua marcia e a un ritmo travolgente: nei sette successivi Gran Premi è quattro volte primo (Spagna, Monaco, Europa e Francia) e tre volte secondo. E, quando taglia da vincitore anche il traguardo del G.P. d’Ungheria, è fatta. Mancano ancora quattro gare alla fine del campionato ma «Schumi» ha già la certezza aritmetica del titolo. Per lui è il quarto ed è l’undicesima volta che questo alloro incorona un pilota alla guida di una Ferrari. La Casa di Maranello, inoltre, conquista il suo undicesimo titolo mondiale per costruttori di Formula 1.           .
La F2001 si è rivelata una vettura forte soprattutto per il suo eccezionale equilibrio, capace di superare le pur sempre temibili avversarie sui circuiti tortuosi, anche in virtù della bravura dei suoi piloti, e altresì in grado di resistere senza farsi troppo staccare su quelli veloci. Affidabilità della meccanica, evolu-zione costante e abilità strategica nell’impostazione di gara hanno fatto il resto. Le antagoniste, invece, hanno messo in luce qualità che hanno permesso loro di eccellere sotto questo o quel-l’aspetto – potenza superiore, maggior velocità di punta, elettronica più sofisticata e via dicendo –  ma non nel rendimento complessivo, nella tenuta alla distanza. Non come la Ferrari, che alla fine della stagione (anzi...molto prima) ha visto ancora una volta giustamente premiati i propri sforzi. E si ripeterà annientando ogni avversario nel 2002. Milioni di appassionati in tutto il mondo continuano a sventolare le gloriose bandiere della squadra del Cavallino, che è pronta ad affrontare a testa alta le grandi sfide del terzo millennio.    

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

2000 – Doppietta trionfale

Melbourne, 12 marzo 2000, G.P. d’Australia.Le F1-2000
di Michael Schumacher e Rubens Barrichello prima e seconda sul traguardo.
Dal muretto dei box, con la barba, si sporge esultando anche l’autore del dipinto.


Un successo squillante inaugura il Campionato del Mondo di Formula 1 che si disputa nell’ulti-mo anno del secondo millennio: Michael Schumacher è primo nel G.P. d’Australia, a Melbourne, davanti al suo compagno di squadra, il brasiliano di origine italiana Rubens Barrichello, che ha preso il posto di Eddie Irvine. Ma le troppe disillusioni accumulate negli anni hanno insegnato a non trarre auspici frettolosi. La macchina, comunque, sembra indovinata. Si chiama F1-2000 e nasce da un impegnativo lavoro di ottimizzazione della F399 dell'anno precedente. È più filante, ha un centro di gravità più basso, è più leggera, ha un motore di ingombri ancora più compatti, con una nuova architettura (l’angolo della V delle bancate è stato aumentato da 80° a 90°) e una potenza di 800 CV a 17.800 giri al minuto. L’inizio, ad ogni modo, ha un seguito lusinghiero: «Schumi» vince anche i G.P. del Brasile e di San Marino e guida la classifica del Mondiale con enorme vantaggio. La McLaren sembra afflitta da una crisi di affidabilità ma ben presto si riprende e i suoi piloti Häkkinen (primo in Spagna) e Coulthard (primo in Gran Bretagna e a Monaco) incominciano ad accorciare le distanze. Schumacher riesce ad aumentare di nuovo il suo vantaggio imponendosi al Nürburgring e a Montréal, ma poi per tre Gran Premi consecutivi (Francia, Austria e Germania) non coglie punti e, a Buda-pest, Häkkinen lo supera in classifica, rafforzando inoltre la sua posizione a Spa. Le cose, ancora una volta, sembra-no prendere una piega purtroppo ben conosciuta a Maranello.
Ma l’ora della riscossa è vicina. Schumacher si afferma nel G.P. d’Italia, riducendo a due punti il suo distacco da Häkkinen. Poi fa il bis nel G.P. degli Stati Uniti, che per la prima volta si disputa a Indianapolis, su un circuito inedito ricavato all’interno del famoso «ovale», e torna al comando. Dopodiché, proseguendo sullo slancio, «Schumi» chiude la partita vincendo anche il G.P. del Giappone e conquistando in tal modo il suo terzo titolo mondiale, il decimo per un pilota della Fer-rari. Ma non è finita. Passano due settimane e Michael infila la quarta vittoria consecutiva (nona della stagione, con nove pole position) che permette alla  Ferrari di arrivare a quota dieci anche nei titoli mondiali per costruttori di Formula 1. Il conseguimento di questo risultato è dovuto anche all’apporto determi-nante di Rubens Barrichello e ai punti da lui conquistati con la sua affermazione nel G.P.  di Germania e con altri dodici piazzamenti, su un totale di diciassette Gran Premi.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

1999 – Ritorno al vertice

Primo piano per le F399, che consentirono alla Ferrari di riconquistare 
nel 1999 il titolo mondiale per costruttori. 
Sullo sfondo, da sinistra, Michael Schumacher, Eddie Irvine e Mika Salo che sostituì 
«Schumi» bloccato da un incidente nel G.P. di Gran Bretagn

L’interminabile rincorsa della Ferrari a un successo che sembrava dovesse sfuggirle diaboli-camente per chissà quanto tempo, fu segnata da tre eventi rivelatisi poi decisivi: la nomina a presidente di Luca di Montezemolo (1991) nonché gli ingaggi del direttore sportivo Jean Todt (1993) e del pilota Michael Schumacher (1996). Proprio nel 1996 si colsero i primi segnali di una ritrovata competitività, dopodiché i massimi traguardi furono mancati per poco nel 1997 e nel 1998. A questo punto, molti erano convinti che l’impresa potesse riuscire nel 1999. La monoposto schierata in pista, la F399, dotata dei nuovi pneumatici Bridgestone in seguito all’addio alle corse della Goodyear, presentava molte innovazioni, che andavano dal passo più lungo alla più razionale distribuzione dei pesi, dalle migliorie all’aerodinamica alla facilità di intervento nelle regolazioni e via dicendo. La potenza massima era di 760-780 CV a 17.500 -18.000 giri al minuto.Eddie Irvine aprì la stagione nel segno della vittoria, imponendosi nel G.P. d’Australia, indi Schumacher vinse a Imola e a Montecarlo andando in testa alla classifica iridata, ma poi Mika Häkkinen lo superò, svettando in Spagna e in Canada. Malauguratamente la situazione precipitò in Gran Bretagna, a Silverstone: alla curva Stowe, poco dopo il via, «Schumi» per un guasto ai freni uscì di pista a velo-cità molto elevata, andando a sbattere contro una barriera di pneumatici: tibia e perone della gamba destra fratturati e impossibilità di partecipare ai successivi sette Gran Premi. La Ferrari ingaggiò così il finlandese Mika Salo, promuovendo Irvine a numero uno. L’irlandese vinse tre corse (G.P. d’Austria, di Germania e Malesia), le ultime due – è giusto dirlo – con il determinante aiuto di Salo nonché di Schumacher, finalmente rientrato in squadra.
Si arrivò così all’ultimo appuntamento dell’anno, il G.P. del Giappone. Irvine era al comando della classifica con quattro punti di margine su Häkkinen, ma il pilota della McLaren partì perfettamente e non fu più raggiunto, vincendo in tal modo, oltre alla corsa, il suo secondo titolo consecutivo. Stavolta però la Ferrari, sommando i punti conquistati da Irvine (secondo nella classifica individuale), Schumacher (quinto) e Salo (decimo), riuscì a prevalere nella classifica per costruttori. La F399 si rivelò complessivamente meno veloce della McLaren-Mercedes ma molto affidabile. Lo provano i ritiri fatti registrare nel corso della stagione: Irvine fu appiedato da un guasto una sola volta su sedici gare, Salo una su sei, Schumacher una su nove.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

1983 – Primato e «digiuno»

Zandvoort, 28 agosto 1983, G.P. d’Olanda.
René Arnoux avviato alla vittoria davanti a Patrick Tambay, alla guida della 126 C3.
Sullo sfondo, i ritratti dei due piloti della Ferrari, facilmente riconoscibili dai caschi.


La Ferrari mantenne la propria competitività a un livello elevato anche nel corso della stagione 1983, tanto è vero che per il secondo anno consecutivo riuscì ad aggiudicarsi il titolo per i costrut-tori di Formula 1, ma si vide sfuggire di nuovo quello per i piloti, sia pure per poco. La FISA (Fede-razione Internazionale Sport Automobilistico) aveva frattanto modificato il regolamento tecnico, imponendo l’adozione del fondo vettura piatto allo scopo di eliminare l’esasperato effetto suolo e, soprattutto, la sua conseguenza più pericolosa, ossia l’accelerazione trasversale, che ormai ave-va raggiunto limiti preoccupanti. Anche il peso minimo delle monoposto era stato abbassato da 580 a 540 chilogrammi.
In casa Ferrari, le modifiche necessarie furono apportate sulla 126 C2 dell’anno precedente, dando vita a una versione intermedia, la 126 C2B, che gareggiò nella prima parte del campionato conquistando due vittorie, nel G.P. di San Marino con Tambay e nel G.P. del Canada con René Arnoux, che era stato ingaggiato per sostituire l’infortunato Pironi. Poi, a partire dal G.P. di Gran Bretagna, entrò in gara la 126 C3, dotata di un nuovo telaio monoscocca in composito, fibra di car-bonio e kevlar, e di un motore che raggiungeva una potenza maggiore rispetto a quello della 126 C2, ossia 600 CV contro 580, e a 10.500 giri anziché a 11.000. Arnoux si impose nei G.P. di Ger-mania e d’Olanda e sia lui sia il suo compagno di squadra Tambay rimasero in corsa per il titolo mondiale fino all’ultima gara, il G.P. del Sudafrica. Ma alla fine a prevalere fu Nelson Piquet con la Brabham-BMW, mentre la Ferrari, come si è detto, riuscì comunque a primeggiare fra i costruttori. Dopodiché, a Maranello ebbe inizio un «digiuno» che a molti appassionati sembrò intermina-bile: quindici lunghissimi anni trascorsero prima che un nuovo titolo mondiale incoronasse un pi-lota o una macchina del Cavallino rampante. In quel periodo accadde di tutto: furono cambiati una dozzina di corridori, si avvicendarono cinque direttori sportivi, una quantità di tecnici, quattro presidenti. Enzo Ferrari morì nel 1988 senza riuscire a vedere risollevate le sorti sportive della Casa. Fra il 1984 e il 1998, Alboreto, Berger, Mansell, Prost, Alesi e Schumacher vinsero pur sempre 32 Gran Premi, ma a lot-tare concretamente per il titolo iridato, ossia con reali possibilità di conquistarlo, furono soltanto Prost nel 1990 e Schumacher nel 1997 e nel 1998. Perché il massimo campionato automobilistico vedesse l’inizio di un nuovo «ciclo Ferrari» si dovette attendere ancora.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

mercoledì 21 marzo 2012

1982 – Vittoria e dramma

Imola, 25 aprile 1982, G.P. di San Marino.
Lotta accanita fra le 126 C2 di Gilles Villeneuve e di Didier Pironi. Sullo sfondo, i quattro piloti che in quell’anno corsero per la Ferrari: da sinistra, Villeneuve, Pironi, Tambay e Andretti.

Al trionfale 1979 fece seguito un’annata incolore, con la 312 T5, evoluzione conclusiva della serie «T», in forte calo di competitività. Ma l’arma della riscossa era in preparazione a Maranello: battezzata 126 C, segnò il ritorno della Ferrari al motore sovralimentato.
La monoposto esordì in corsa nel G.P. d’Argentina 1981 e conquistò due magnifiche vittorie con Villeneuve,nei G.P. di Monaco e di Spa-gna. Il motore era un 6 cilindri a V di 120°, 1496 cm3, due turbocompressori KKK, 580 CV.  Frattanto a Maranello era approdato l’ingegnere inglese Harvey Postlethwaite, che entrò nel gruppo di progetto di Mauro Forghieri con l’incarico di ridisegnare il telaio della monoposto. Nac-que così la 126 C2, caratterizzata da una struttura mista: scocca portante in materiale composito con elementi a nido d’ape incollati in alluminio e carbonio.
  Alla quarta gara del campionato 1982, il G.P. di San Marino, a Imola, Pironi e Villeneuve conquistarono i primi due gradini del podio. Ma pur-troppo si trattò di un successo avvelenato dalla lotta fra i due piloti, incominciata per scherzo, per dare spettacolo, ma divenuta preoccupante: il box Ferrari, infatti espose un cartello con la scritta «slow», che significava «mantenere le posizioni». In quel momento era al comando Villeneuve, che smise di forzare fidandosi del compagno di squadra. Questi invece all’ultimo giro lo superò soffiandogli la vittoria. Gilles fu sconvolto dall’episodio, si sentì tradito e non rivolse più la parola a Pironi. Due settimane dopo, a Zolder, nelle prove del G.P. del Belgio, mentre tentava di abbassa-re il tempo stabilito sul giro da Didier, Gilles entrò in collisione con Mass e dopo un volo agghiac-ciante perse la vita.                
   Pironi vinse poi il G.P. d’Olanda, fu secondo in Gran Bretagna e terzo in Francia e andò in te-sta alla classifica mondiale. Ma nelle prove del G.P. di Germania, a Hockenheim, sotto la pioggia, tamponò Prost e andò a sbattere disintegrando la vettura. Sopravvisse miracolosamente ma ri-portò fratture molto gravi alle gambe e dovette dare l’addio alle corse. L’indomani la vittoria arrise a Patrick Tambay, ingaggiato dalla Ferrari al posto di Villeneuve. La 126 C2 era la migliore fra le vetture in lizza e anche Tambay avrebbe potuto battersi per il titolo, ma soffriva di penosi dolori al-la schiena e dovette saltare due gare. Campione del mondo divenne così Keke Rosberg (Williams-Ford Cosworth) mentre la Ferrari si impose fra i costruttori. Per la prima volta questa af-fermazione era conquistata da una monoposto azionata da un motore turbocompresso.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

1979 – Una stagione indimenticabile

Jody Scheckter in azione al volante della 312 T4, la monoposto con cui conquistò 
il titolo mondiale nel 1979.  Sullo sfondo, a destra, il pilota sudafricano ritratto accanto al suo compagno di squadra e amico Gilles Villeneuve.

Nel cuore di numerosi appassionati ferraristi c’è un ricordo che il tempo non riesce a cancella-re. Per alcuni risale a un’esperienza «vissuta», per altri è frutto di racconti o di letture: è il ricordo del Campionato del Mondo 1979, dominato trionfalmente dagli uomini e dalle macchine del Caval-lino rampante. Dopo l’addio di Niki Lauda, col titolo iridato in tasca, a fine 1977, le cose non erano andate male. La 312 T3, evoluzione della T2, con una potenza portata a 510 CV e con i nuovi pneumatici Michelin a carcassa radiale – assolutamente inediti per la Formula 1 – aveva consenti-to a Carlos Reutemann di vincere quattro Gran Premi: Brasile, USA-Ovest, Gran Bretagna e USA-Est. Senonché, Mario Andretti e Ronnie Peterson, con la formidabile Lotus 78-Ford Cosworth, ne avevano vinti otto, e per i primi posti delle classifiche mondiali piloti e costruttori non c’era stata lotta. Gilles Villeneuve, per parte sua, prometteva faville ma altri tre incidenti nella prima parte del campionato 1978, a Rio de Janeiro, Long Beach e Montecarlo, avevano scatenato vivaci polemi-che. I meccanici della squadra lo soprannominarono «l’aviatore»: ma lo abbracciarono con entu-siasmo quando finalmente riuscì a tagliare per primo il traguardo, proprio sul circuito di casa, a Montréal, nel G.P. del Canada, ultima gara del campionato 1978.
Le premesse per un ritorno al vertice della Ferrari c’erano tutte: e lo si vide fin dall’esordio del-la 312 T4 nel G.P. del Sudafrica 1979, illuminato da una doppietta: primo Villeneuve, secondo Scheckter, che era subentrato a Reutemann. La monoposto di Maranello disponeva di una po-tenza più elevata di quella della T3 (515 CV) ed era equipaggiata di bandelle aerodinamiche mo-bili, più note come «minigonne», all’epoca oggetto di molte discussioni. Da quel momento in poi il Cavallino rampante divenne protagonista indiscusso del campionato: Villeneuve vinse ancora a Long Beach, Scheckter a Zolder e a Montecarlo, passando in testa alla classifica del campionato, sempre seguito a distanza di pochi punti dal suo compagno di squadra, che era anche suo amico e che proprio per questo, con lealtà esemplare, non gli fece mai la «guerra».
 Jody trionfò poi nel Gran Premio d’Italia e la folla di Monza lo incoronò campione del mondo, mentre Gilles consolidò il suo secondo posto nella classifica iridata tagliando per primo il traguardo del Gran Premio degli Stati Uniti-Est, a Watkins Glen. Anche nella graduatoria dei costruttori la Ferrari fece il vuoto: la Williams, seconda classificata, finì staccata di 38 punti.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

1977 – Rivincita e addio

Hockenheim, 31luglio 1977, G.P. di Germania. La 312 T2 di Niki Lauda vola verso la vittoria. 
Nei ritratti, da destra,Lauda, Carlos Reutemann 
e l’ancora semisconosciuto Gilles Villeneuve.

C’è un dato che con molta chiarezza «quantifica», per così dire, la competitività della Ferrari nel Campionato del Mondo di Formula 1 del 1977: in 16 Gran Premi su 17, almeno uno dei due pi-loti della squadra si classificò fra i primi sei arrivati, ossia conquistò punti, e in sette occasioni vi riu-scirono tutti e due. La prima affermazione arrise a Carlos Reutemann, che si impose nel G.P. del Brasile. Niki Lauda, a sua volta, arrivò primo in Sudafrica, in Germania e in Olanda, secondo in altre sei occasioni, e inoltre una volta terzo, una quarto, una quinto: sul suo merito di riconquistare il massimo titolo automobilistico nessuno ebbe dubbi. Va detto che si trattò di una rivincita memo-rabile non soltanto dal punto di vista sportivo ma anche se non soprattutto da quello umano. Do-po il ritiro dal Gran Premio del Giappone dell’anno precedente, con cui in pratica si era giocato il campiona-to, era stato letteralmente sepolto da impietose polemiche. Ma a parte ciò, in seguito al terrifican-te incidente del Gran Premio di Germania – che fra l’altro lo aveva lasciato atrocemente sfigurato – erano in molti a considerarlo alla stregua di un pilota finito, o quasi.
Anche in seno alla Ferrari il pilota austriaco aveva visto logorarsi via via un rapporto partico-larmente costruttivo, che nell’arco di quattro anni aveva prodotto due titoli mondiali individuali e tre di squadra. Sta di fatto che, non appena ottenuta la certezza della vittoria finale per sé e per la squadra, dopo la terzultima gara, il G.P. degli Stati Uniti-Est, Lauda salutò e se ne andò, firmando per la Brabham. Sembrava un addio definitivo ma – il mondo gira, gira... – nel 1992 Niki sarebbe stato richiamato e avrebbe funzionato per diversi anni come consulente speciale della squadra del Cavallino. A richiamarlo sarebbe stato, non a caso, il presidente della Ferrari fresco di nomina, già direttore sportivo all’epoca del suo primo casco iridato, ossia Luca di Montezemolo.A sostituire Lauda, al fianco di Reutemann, nelle ultime due gare del campionato 1977, fu Gil-les Villeneuve, un canadese semisconosciuto, sul quale Enzo Ferrari aveva deciso di scommet-tere quasi al buio. L’inizio fu tutto fuorché incoraggiante: nel G.P. del Canada, Gilles danneggiò una macchina in prova e in corsa arrivò dodicesimo. Poi nel G.P. del Giappone urtò la Tyrrell di Ronnie Peterson e volò fuori pista, uccidendo due spettatori che sostavano in una zona vietata al pub-blico. Ma non passò molto tempo e quel piccolo pilota divenne forse il più veloce e sicuramente il più amato di tutti.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

1976 – Successo «dimezzato»

Clay Regazzoni sulla 312 T2, la F1 del 1976 che consentirà alla Ferrari di rivincere uno dei due titoli mondiali conquistati nella stagione precedente: quello per i costruttori.
Nei ritratti, Niki Lauda e Carlos Reutemann.


Alla vigilia le previsioni sono concordi: tecnici, giornalisti, addetti ai lavori ritengono che il Cam-pionato Mondiale 1976 vedrà una facile conferma della superiorità che la Ferrari e i suoi piloti han-no mostrato nella stagione precedente. E i primi tre Gran Premi, infatti, sono appannaggio di Lauda (Brasile e Sudafrica) e di Regazzoni (USA Ovest). La tendenza pare rafforzarsi con l’esordio in corsa della 312 T2 (12 cilindri a 180°, 2992 cm3, 500 CV), alla guida della quale Lauda si afferma an-che nei G.P. del Belgio e di Monaco. A questo punto, per il pilota austriaco, che ha accumulato 33 punti di margine su James Hunt, alfiere della McLaren, i giochi sembrano fatti.
Invece il 1° agosto, al secondo giro del G.P. di Germania, al Nürburgring, la monoposto di Lau-da sbanda, urta il guardrail e rimbalza in pista incendiandosi. Niki, soccorso coraggiosamente da Merzario, Edwards, Ertl e Lunger, è salvato dalle fiamme, che nondimeno gli hanno provocato gra-vi ustioni. Si riprende peraltro a velocità stupefacente e dopo appena 37 giorni è a Fiorano, di nuovo al volante. Il 12 settembre, ancora sofferente, con stoica tenacia disputa il G.P. d’Italia e conquista il quarto posto. Hunt lo avvicina imponendosi inesorabilmente nei due G.P. successivi (Canada e USA-Est), ma il ferrarista resiste e mantiene sull’avversario inglese un vantaggio di tre punti alla vigilia dell’ultima corsa, il G.P. del Giappone.Quando viene data la partenza, dal cielo del Fuji cade una pioggia torrenziale. Lauda non ha ancora recuperato in pieno, ha dei disturbi alla vista e non se la sente di correre in quelle condi-zioni. Così, al secondo giro, rientra al box e si ritira. Poco dopo, ironicamente, la situazione meteorologica migliora. Comunque Hunt è terzo, alle spalle di Mario Andretti e di Patrick Depailler: se Regazzoni, che lo segue in quarta posizione, riuscisse a supe-rarlo, Niki avrebbe ancora la possibilità di laurearsi campione. Ma Regazzoni non ha dimenticato che due anni prima, quando in corsa per il Mondiale c’era lui, Lauda non gli aveva certo dato una mano, e quindi non è proprio indotto a impegnarsi al limite. Non si ferma a cambiare le gomme, proseguendo con quelle deteriorate fino all’arrivo e, in definitiva, non può impedire a Hunt di clas-sificarsi al terzo posto e di cogliere i quattro punti che gli valgono il titolo. La squadra di Maranello mantiene comunque il proprio primato nella graduatoria dei costruttori. La drammatica stagione è fi-nita. Clay Regazzoni lascia la Ferrari per la Ensign e il suo posto viene preso da Carlos Reute-mann, che ha già guidato la 312 T2 nel G.P. d’Italia.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

1975 – Il Mondiale torna «rosso»



Watkins Glen, 5 ottobre 1975, G.P. degli Stati Uniti. Niki Lauda e la 312 T riportano
trionfalmente la Ferrari al vertice del Campionato del Mondo di Formula 1.
Nei ritratti, Lauda, Luca di Montezemolo e Clay Regazzoni.

I titoli iridati per piloti e costruttori conquistati, un tantino rocambolescamente, nel 1964, non ebbero un seguito glorioso. Al contrario, la Ferrari andò incontro a nove lunghi anni di «vacche magre». Questo, s’intende, relativamente alla Formula 1, perché nei diversi altri settori che la ve-devano costantemente impegnata gli allori non mancarono di certo. Le statistiche ci dicono che nell’arco di otto stagioni altrettanti titoli internazionali finirono a Maranello: Trofeo Internazionale Prototipi GT (1965), Challenge Mondiale di Velocità e Durata (1965), Campionato Internazionale Costruttori Sport Prototipi (1967), Campionato d’Europa della Montagna (1965, Lodovico Scarfiot-ti; 1969, Peter Schetty), Coppa Tasmania (1969, Chris Amon; 1970, Graeme Lawrence), Campio-nato del Mondo Marche Sport (1972). D’altra parte, proprio questa attività straordinaria ma fatal-mente dispersiva, unitamente a qualche oggettiva incertezza di indirizzo tecnico, condussero a quel frustrante «digiuno». Un netto mutamento di rotta si registrò a partire dal 1974, quando Enzo Ferrari, risoltosi infine a puntare tutto sulla Formula 1, affidò l’incarico di direttore sportivo al giovane Luca di Monteze-molo, che razionalizzò e mise a punto l’organizzazione della squadra. E i risultati si videro: a fine stagione, Clay Regazzoni mancò per tre soli punti – e, a dire il vero, anche per lo scarso aiuto ri-cevuto da Lauda – la conquista del titolo. Ma questa fu soltanto rinviata di un anno.
Il 1975 vide scendere in pista l’inedita 312 T, che utilizzava lo stesso 12 cilindri piatto di 2992 cm3 della precedente 312 B3, con una potenza aumentata a 495 CV, ma proponeva una soluzio-ne fortemente innovativa nell’accoppiamento del motore con un cambio montato trasversalmente alla vettura (da cui la «T»della sigla di identificazione), fra il motore stesso e il retrotreno. Questa monoposto si rivelò una delle più competitive fra le tante progettate da Mauro Forghieri.
L’astro nascente Niki Lauda si impose con bello stile in cinque Gran Premi: Monaco, Belgio, Svezia, Francia, Stati Uniti. Un sesto – quello d’Italia – se lo aggiudicò Clay Regazzoni. Il venti-seienne pilota austriaco andò in testa alla classifica del Campionato Mondiale dopo la sesta gara, e alla tredicesima e penultima – ossia a Monza – aveva già con certezza aritmetica il titolo in ta-sca. Lo stesso avvenne per la squadra, che primeggiò con pieno merito nella Coppa Internazionale Costruttori e trasmise la sensazione di aver dato inizio a un ciclo vittorioso.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.