lunedì 28 marzo 2011

1964 – All’ultimo respiro


Nell’immagine: Nürburgring, 2 agosto 1964, G.P. di Germania. John Surtees
al volante della 158 F1 e ritratto (a sinistra) accanto al compagno di squadra
Lorenzo Bandini, che lo aiutò nella conquista del titolo mondiale.

Dopo la duplice affermazione del 1961 – titoli mondiali piloti e costruttori – la Ferrari fu scossa da una specie di terremoto: otto dirigenti lasciarono Maranello per contrasti con il «Drake» e fra loro c’era anche il responsabile tecnico, l’ingegnere Carlo Chiti. Il suo posto fu preso da un giovane di grande talento, il ventiseienne ingegnere Mauro Forghieri, che si lanciò coraggiosamente nella battaglia: e l’espressione non suoni esagerata, visto che all’epoca la Ferrari, oltre che in Formula 1, gareggiava nel Trofeo Internazionale Prototipi GT, nel Mondiale Gran Turismo e nell’Europeo della Montagna. Questo per dire che l’attività di Forghieri e dei suoi due principali collaboratori, Franco Rocchi e Giancarlo Bussi, non poteva concentrarsi sulla Formula 1: e anche per questa ragione le stagioni agonistiche 1962 e 1963 videro i costruttori britannici – BRM e Lotus, rispettivamente – riprendere il sopravvento. Lo sviluppo della 156 diede risultati meno buoni del previsto, per cui si optò per un completo mutamento di indirizzo tecnico.
 Furono messi in cantiere un telaio e un motore 8 cilindri a V di 90° nuovi di zecca e accoppiati in modo inedito: il propulsore, infatti, aveva funzione portante, rigidamente fissato come era alla scocca anteriore, alla quale si integrava assorbendo le sollecitazioni di flessione e di torsione trasmesse dal retrotreno. La vettura, denominata 158 F1, apparve nelle prove del G.P. d’Italia 1963, ma il suo debutto fu rinviato alla stagione successiva e fu un debutto vittorioso, con John Surtees alla guida, nel G.P. di Siracusa. Poi, nelle gare del Mondiale, «Big John» incominciò a conquistare buoni piazzamenti e altrettanto fece Lorenzo Bandini, alternando alla 158 la «vecchia» 156, che peraltro gli consentì di aggiudicarsi il G.P. d’Austria. Surtees vinse a sua volta i G.P. di Germania e d’Italia e arrivò all’ultima gara, il G.P. del Messico, con la possibilità di lottare per il titolo con Graham Hill e Clark.
Hill fu attardato da una collisione con Bandini e Clark dominò l’intera corsa ma a due giri dal traguardo ruppe il motore. A quel punto, con Gurney primo, seguito da Bandini e Surtees, Hill era virtualmente Campione del Mondo. Ma dal box della Ferrari partì un segnale: Bandini rallentò e fece passare Surtees, che grazie a quel secondo posto riuscì ad agguantare il titolo – per sé non meno che per la squadra – non soltanto all’ultima corsa ma addirittura all’ultimo giro. Nel Campionato del Mondo non si era mai visto nulla di simile, né per molti decenni si vide più.


Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

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