lunedì 28 marzo 2011

1956 – Agonismo e cavalleria (Lancia Ferrari D50)

Nell'immagine:Monza, 2 settembre 1956, G.P. d’Italia e d’Europa. Musso (n. 28), Castellotti (24) e Fangio (22) in testa al via. 
Sullo sfondo, il vincitore della corsa Moss (a destra), a colloquio con Juan Manuel Fangio, al suo quarto titolo mondiale.


1956 – Agonismo e cavalleria
   
Dopo due anni – 1954 e 1955 – caratterizzati dalla schiacciante supremazia della Mercedes-Benz, la Ferrari affrontò l’edizione 1956 del Campionato Mondiale di Formula 1 con rinnovato impegno, schierando in pista uno squadrone che faceva capo al campionissimo Juan Manuel Fangio ma che poteva contare altresì su Peter Collins, Eugenio Castellotti, Luigi Musso e occasionalmente anche su Alfonso De Portago e Olivier Gendebien. Le macchine erano versioni derivate dalle Lancia D50, cedute alla Ferrari nell’estate precedente dal costruttore torinese, che aveva abbandonato le corse sia per il trauma provocato dalla tragica fine di Alberto Ascari sia per la problematica situazione finanziaria dell’azienda. Le monoposto, azionate da un 8 cilindri a V di 90° (2488 cm3, 265 CV), erano state via via rielaborate nel motore e modificate nella sospensione e nella distribuzione dei pesi dal loro stesso progettista, Vittorio Jano, approdato anche lui a Maranello in qualità di consulente, mentre il precedente responsabile tecnico Aurelio Lampredi lasciava la corte di re Enzo ed era successivamente rimpiazzato da un pool costituito dal giovane ingegnere Andrea Fraschetti nonché da Vittorio Bellentani, Alberto Massimino e Luigi Bazzi.
Rivelazione del campionato è Peter Collins, che Ferrari in cuor suo preferisce a Fangio. Il corridore britannico, che non ha ancora venticinque anni, vince i G.P. del Belgio e di Francia ma Fangio, oltre a essersi aggiudicato all’inizio dell’anno il G.P. d’Argentina prendendo la macchina di Musso dopo avere rotto la propria, si impone in Gran Bretagna e in Germania e riesce ad agguantare saldamente la testa della classifica mondiale. Il G.P. d’Italia e d’Europa è l’ultima gara in calendario e deciderà la sfida. Collins ha otto punti meno di Fangio ma può ancora sperare di ribaltare la situazione. Al 34° dei 50 giri da percorrere, Fangio è costretto a rientrare al box a causa di un guasto al volante e si rassegna ad abbandonare. A questo punto Collins è terzo dietro Moss e Musso. Se riuscisse a vincere segnando il giro più veloce, conquisterebbe nive punti e diventerebbe campione del mondo. Poco dopo si ferma a sua volta, per sostituire i pneumatici, e gli chiedono se sia disposto a cedere la macchina a Fangio – come il regolamento dell’epoca consente –, cosa che egli fa immediatamente senza la minima obiezione, a differenza di Musso, che qualche giro prima aveva rifiutato. Fangio così può classificarsi al secondo posto e cogliere il suo quarto alloro iridato (terzo consecutivo), tessendo poi del giovane e cavalleresco pilota inglese il più affettuoso degli elogi.

Fonte: Gianni Cancellieri, giornalista e storico dell’automobile.

Nessun commento:

Posta un commento